Sito Storico "Un Omaggio al DUCE" - Online dal 28 Luglio del 2000 un impegno sempre rinnovato perchè non dobbiamo mai dimentichare quello che ha fatto Benito Mussolini per l'Italia e per gli Italiani. Portare avanti la sua idea è il nostro compito. Il Ventennio Fascista è stato l'unico, dopo duemila anni a ridare gloria all'Italia. W Il DUCE W Il Fascismo !

I Documenti

Da giovane ribelle a fondatore del Nuovo Impero

Un uomo solo tra rivoluzione e dittatura

Lo si può rimpiangere o detestare, Benito Mussolini, duce del fascismo, per vent’ anni signore dell’ Italia, disprezzato o corteggiato dalle grandi potenze di allora. Lo si può esaltare al rango di sommo politico e statista o ridimensionare a cialtronesco illusionista tragicamente smascherato dalle vicende storiche. Ma non lo si può ignorare né dimenticare perché, nel bene e nel male, egli è sicuramente stato un protagonista del nostro tempo, con tutte le ombre, le luci e le contraddizioni che segnano l’esistenza dei personaggi destinati a lasciare un del loro passaggio nel mondo. Può essere singolare che un ribelle nichilista quale fu il giovane Mussolini, cresciuto nell’avversione all’ordine costituito, diventi poi, passando per l’esperienza socialista e la marcia fascista, il dittatore nazionalista e conservatore che rimbalza davanti ai nostri occhi dalle pagine della cronaca e dai documenti della storia. Ma non così tanto. Lui stesso, del resto, dirà al giornalista tedesco Emil Ludwig, che lo intervistò per tredici ore: «Ogni rivoluzionario, a un certo momento, diventa conservatore». In effetti, basta il contatto con la ricca Milano capitalistica, l’allargarsi delle conoscenze e il dissiparsi di tante nebbie populiste che lo avvolgevano, una visione più concreta delle opportunità di emergere, per fargli cambiare parere. L’anarco-socialista libertario che era finito in galera per avere sobillato contro la guerra i soldati in partenza per la Libia al volgere del primo decennio di questo secolo, diventa di lì a pochi anni il patriota delle radiose giornate di maggio, l’interventista che esorta a combattere per la patria; e poi, a guerra finita, l’alfiere delle frustrazioni degli ex combattenti e delle paure dei latifondisti agrari e dei “padroni delle ferriere”, il fondatore e capo dei fasci di combattimento che si ergono a baluardo contro la minaccia bolscevica. Comunque sia, il giudizio sul Mussolini statista è ormai abbastanza unanime e consolidato. Abilissimo in politica interna: buon conoscitore dell’indole e degli umori degli italiani, geniale e tempestivo interprete del momento, con un paese non più in grado di sopportare scioperi, disordine, caos, dissoluzione e con una borghesia avvilita, ma al tempo stesso decisa a non accettare la perdita di un faticato decoro, di una dignitosa supremazia basata sul contributo di sangue versato al fronte per difendere i sacri confini patrii. Di più, un personaggio in possesso di tutto quanto poteva allora piacere agli italiani: la maniera forte, la voce stentorea, un’oratoria aggressiva e trascinante, un nuovo modo di fare politica se paragonato alla fatiscenza della democrazia parlamentare degli anni venti. Persino la fama di gran seduttore, molto apprezzata, e una straordinaria capacità di servirsi dei mezzi di informazione e di comunicazione di massa, un precursore in questo campo: giornalista di spiccato intuito e mestiere, inventore di riti e coreografie, primo a intuire l’enorme potenziale della radio, maestro della propaganda a tutto campo.

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