Sito Storico "Un Omaggio al DUCE" - Online dal 28 Luglio del 2000 un impegno sempre rinnovato perchè non dobbiamo mai dimentichare quello che ha fatto Benito Mussolini per l'Italia e per gli Italiani. Portare avanti la sua idea è il nostro compito. Il Ventennio Fascista è stato l'unico, dopo duemila anni a ridare gloria all'Italia. W Il DUCE W Il Fascismo !

La Storia del Ventennio

Le Corporazioni e l'Autarchia

Nella preparazione della guerra era essenziale organizzare a tal fine l’economia nazionale. Nel 1926, Mussolini, come si è detto, aveva rivalutato la lira su "quota novanta". Negli anni ‘30 cominciò la costruzione dello Stato corporativo, sulla base della "Carta del lavoro" elaborata da Giuseppe Bottai e promulgata dal Gran Consiglio il 21 agosto 1927. Nel 1931 furono istituite, almeno sulla carta, 13 corporazioni, di cui sei di datori di lavoro, sei di lavoratori e una di coloro che esercitavano una libera professione o un’arte. Il Consiglio Nazionale delle Corporazioni, istituito il 20 marzo 1930 come organo costituzionale, era presieduto da Mussolini o, per sua delega, dal ministro delle Corporazioni; i suoi disegni di legge dovevano essere sottoposti all’approvazione del Gran Consiglio del Fascismo. Ma con la nuova legge del 5 febbraio 1934, quando il Duce dichiarò che le Corporazioni erano nate, esse erano salite da 13 a 22. Al nuovo sistema, che doveva inquadrare tutta l’economia italiana sotto direttive di carattere politico e che nella concezione di Bottai avrebbe dovuto costituire un ministero della programmazione, furono apportati successivamente dei ritocchi. La disoccupazione oscillò negli anni 1932-33 da un milione a un milione 158 mila unità (diminuì poi con i grandi lavori pubblici del 1937-39 e con le guerre). La crisi mondiale del 1929 si ripercosse in Italia a partire dal 1930 e il regime reagì con un’intensa statizzazione dell’economia, in cui prese posto tra l’altro la fondazione nel gennaio 1933 dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), con il quale si ebbe in gran parte la socializzazione delle perdite e la privatizzazione dei profitti. Alla legislazione sociale il regime fascista diede indubbiamente un certo impulso, pur tenendo conto che vale anche per il processo di ammodernamento del Paese del fatto che si trattava di tendenze comuni a tutti gli Stati civili. La Cassa di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai aveva mosso i suoi primi passi fin dall’Ottocento. L’assicurazione obbligatoria per l’invalidità e la vecchiaia era stata istituita nel 1919, l’assicurazione contro la disoccupazione nel 19 17-19, la Cassa nazionale di assicurazione per gli incidenti sul lavoro aveva iniziato la sua vita nel 1883, e i regolamenti a essa relativi emanati dal regime a partire dal 1926 ebbero un’impronta nettamente statalistica e di regime. La Cassa nazionale per le assicurazioni sociali fu trasformata nel 1933 in Istituto nazionale fascista della previdenza sociale (INPS), e nello stesso anno la Cassa nazionale infortuni fu trasformata in Istituto nazionale fascista per l’assicurazione infortuni sul lavoro (INAIL). La Cassa nazionale di maternità, con assicurazione obbligatoria, era stata creata nel 1910. Nel 1925 il fascismo creò l’Opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia, che nel 1935 assisteva 1.740.000 persone; la mortalità infantile scese dal 12,79 per cento dei nati vivi nel 1922 al 9,99 nel 1934-35. Uniformandosi alla Convenzione internazionale di Washington, il 10 marzo 1923 il governo fascista decretò la limitazione delle ore di lavoro giornaliere a otto. Il 3 aprile 1926 furono emanati i regolamenti per i contratti collettivi del lavoro. L’Opera Nazionale Dopolavoro fu istituita nel 1925 e nel 1937 contava 3.180.000 iscritti: era un organismo dispensatore di facilitazioni per il tempo libero. Le bonifiche, anch’esse iniziate sessant’anni prima del fascismo, ma indubbiamente dal regime portate avanti con ben altro impegno. A esse fù dato impulso con la cosiddetta "Legge Mussolini" del dicembre 1928. La maggiore opera di bonifica "integrale" come venne chiamata fù quella attuata nell’Agro Pontino a partire dal 1931, che tra l’altro comportò la creazione di cinque città (la maggiore e più conosciuta fu Littoria, fondata nel 1932 e seguita da Sabaudia, Pontinia, Aprilia e Pomezia) e una spesa di oltre otto miliardi di lire (a quel momento, su 9.750.000 ettari di terreno da bonificare, ne erano stati bonificati oltre sei milioni). La "battaglia del grano", per rendere l’Italia autosufficiente in fatto di cereali, ebbe notevole successo. Nel 1934 fu organizzato un plebiscito. I votanti dovevano semplicemente rispondere con un "sì" o con un "no" alla seguente domanda: "Approvate voi la lista dei deputati designata dal Gran Consiglio del Fascismo?". I "sì" furono oltre dieci milioni, i "no" quindicimila quindicimila. Sul corporativismo s innestò l’autarchia. Già nel 1925 Mussolini, come si è detto, aveva impostato la "battaglia del grano" che aveva carattere e scopi autarchici. I princìpi dell’autarchia furono indicati da Mussolini con i due discorsi del 23 marzo 1936 e del 15 maggio 1937 rispettivamente alla 11 e alla III Assemblea nazionale delle Corporazioni. Dell’autarchia l’Enciclopedia Italiana dava la seguente interpretazione: "Suo fine principale è quello di rendere la nazione economicamente autonoma per tutto ciò che riguarda i prodotti essenziali alla vita e alla difesa in caso di guerra " (la sottolineatura è nel testo). Nel ‘37 il Gran Consiglio, udita una relazione del Duce, stabilì che si dovesse compiere "il sacrificio anche totale, se necessario, delle esigenze civili a quelle militari".

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